venerdì 22 novembre 2024

San Tommaso, don Milani, e la pala della Madonna

Nel chiostro dell’eremo di Lecceto c’è un bell’affresco di san Tommaso d’Aquino, in omaggio ai Domenicani che hanno costruito il convento. Potrebbe sembrare proprio del 1500, anche se si rimane sorpresi da come è ben conservato. No, l’ha dipinto un seminarista al suo primo anno di teologia, nel periodo della guerra (1943-1944) quando i seminaristi erano sfollati in quella che allora si chiamava “Villa di Lecceto”: Lorenzo Milani, in futuro parroco di Barbiana…

Nella chiesa vi è invece una pala proprio del 1400, rifacimento di un dipinto del 1300. È un autentico capolavoro, l’unica opera che si è salvata dal saccheggio del periodo delle soppressioni. 



Originariamente era una Madonna seduta in trono, la Madonna del parto, in attesa, come testimonia il cingolo. Poi le è stato messo in grembo il bambino e successivamente è stata circondata dai santi. È uno di quei dipinti davanti al quale puoi pregare, perché lei ti guarda con una profonda dolcezza e ti infonde tanta pace e fiducia…



 

giovedì 21 novembre 2024

Le mura di Malmantile e il tabernacolo di sant'Ambrogio

 

Approfitto di una mattinata di sole e nell’intervallo scendo a Malmantile, un paese che conosco solo di nome e che vanta origini antiche, riconducibili al XII secolo. Impressionanti le mura conservate intatte, erette come baluardo di difesa dai fiorentini contro i pisani lungo la via che congiunge Firenze a Pisa, la grande rivale... Dentro le mura il piccolo borgo. In un attimo ti ritrovi nel Medioevo; qui in Toscana si fa presto…

Parlo con gli operai e l’ingegnere che stanno restaurando parte delle mura e mi invitano a visitare il luogo che ricorda il passaggio di sant’Ambrogio.

Alla fine del paese chiedo informazioni più precise alla cassiera del piccolo supermercato. Domando appunto dell’edicola di sant’Ambrogio. “Macché edicola, è un tabernacolo!”. Va bene, basta intendersi. Così, fuori paese, tra vigne e oliveti ecco l’edicola un po' sgangherata (scusa, volevo dire il tabernacolo) che commemora l’incontro tra sant’Ambrogio, in viaggio verso il centro Italia, e san Zanobi, vescovo di Firenze. Lo attesta la lapide murata all'interno del tabernacolo commemorativo. 

I due santi rimasero a colloquiare presso una villa per qualche giorno. Alla partenza S. Ambrogio, scandalizzato dai modi del proprietario della villa, si allontanò lanciando una maledizione: - “Mala mantilia!” - e questa sprofondò subito nel terreno. Sparsa la voce dell’accaduto il paese fu chiamato ‘Malmantile’ che letteralmente significava ‘cattiva tovaglia’ ma in senso lato ‘cattiva accoglienza’. Comunque con me sono stati accoglienti.

Paese che vai, santo che trovi. Ed è sempre bello stare in loro compagnia... anche se a volte appaiono un po' scontrosi.

mercoledì 20 novembre 2024

All'eremo di Lecceto

Le nubi si adagiano sulle colline toscane e le nebbie scendono tra le valli sfumando gli orizzonti. Nel bosco il solo rumore è quello delle foglie che cadono frusciando tra i rami. Gli aceri rossi e gialli segnano la stagione di mezz’autunno. Nessun senso di fine, ma di compimento.

L’eremo di Lecceto è nascosto, in silenzio, luogo adatto per gli esercizi spirituali che da lunedì mattina e per tutta la settimana sto guidando a trenta sacerdoti, alcuni di loro religiosi. Una buona metà è della diocesi di Firenze, gli altri spaziano per tutta Italia.

Il convento, con la sua bella chiesa, risale al 1500, costruito dai Domenicani di san Marco di Firenze come loro luogo di ritiro. Poi divenne sede estiva del seminario di Firenze, ed oggi è gestito dal Sacramentini, con p. Manuel come superiore… amici di gioventù, e gli amici non invecchiano mai!

Il tema è uno dei miei abituali: "Il cenacolo, la nostra casa". Dove meglio che nel cenacolo possono riunirsi questi trenta preti? Lì sono nati e lì devono costantemente tornare come luogo ispiratore. Quanto avvenne in quella sala 2000 anni fa è realtà quotidiana della nostra vita cristiana, che si attualizza nei secoli, di generazione in generazione, fino a quando sederemo a mensa in Paradiso e berremo il vino nuovo tenuto in serbo per noi.

Siamo saliti nella “sala al piano superiore” assieme a papa Francesco che, lunedì 26 maggio 2014, in visita a Gerusalemme, seppe riassumere in poche parole l’intero mistero racchiuso nel cenacolo: «Qui, dove Gesù consumò l’Ultima Cena con gli Apostoli; dove, risorto, apparve in mezzo a loro; dove lo Spirito Santo scese con potenza su Maria e i discepoli, qui è nata la Chiesa, ed è nata in uscita. Da qui è partita, con il Pane spezzato tra le mani, le piaghe di Gesù negli occhi, e lo Spirito d’amore nel cuore. Gesù risorto, inviato dal Padre, nel Cenacolo comunicò agli Apostoli il suo stesso Spirito e con la sua forza li inviò a rinnovare la faccia della terra (cf. Sal 104, 30). Uscire, partire, non vuol dire dimenticare. La Chiesa in uscita custodisce la memoria di ciò che qui è accaduto; lo Spirito Paraclito le ricorda ogni parola, ogni gesto, e ne rivela il senso».

E noi ci stiamo ricordando parole e gesti del cenacolo…

martedì 19 novembre 2024

Padre Tito: Anche in prigione posso amare

Tito Banchong, laotiano, dopo essere stato con noi in Italia, ordinato sacerdote, tornò nel suo Paese proprio nel momento in cui i comunisti salivano al potere a Vientiane. Pur senza mai usare parole critiche nei confronti dei governanti, padre Tito fu incarcerato tre volte, imparando a trovare anche nelle ristrettezze più crude la tenerezza dell’amore di Dio. Nominato "amministratore apostolico" di Luang Prabang, l’antica capitale, padre Tito continua ad essere un vero missionario. La sua storia è stata raccolta in un libro da Michele Zanzucchi: Anche in prigione posso amare.

Leggo anche pagine che mi riguardano personalmente, come questa che trascrivo:

Nel collegio di Propaganda Fide, dove avrebbe dovuto essere alloggiato, non c’erano posti disponibili, cosicché Tito dovette vivere dagli scolastici, a San Giorgio al Celio [non San Giorgio al Celio, ma San Giorgio Canavese… uno dei tanti errori che perdoniamo…]. Ma nel 1973 raggiunse di nuovo gli oblati, a Vermicino. Lì conobbe un giovane religioso, più o meno suo coetaneo, sempre sorridente, pacifico, sereno, felice. Ecco, questo lo colpi, era felice. Si chiamava Fabio, Fabio Ciardi, una figura che da quel momento ebbe molta importanza nella sua vita di uomo e poi di sacerdote. [Ci conoscevamo già da San Giorgio dove vivevamo insieme, dove gli insegnavo l'italiano, e da dove insieme ci siamo spostati a Roma] «Fu consigliandomi con lui continua padre Tito - che, dopo appena un anno di studi di filosofia, decisi di cominciare la teologia. Ero ancora incerto sulla mia vocazione, ma poco alla volta avvertii sorgere nel mio cuore il desiderio di seguire Gesù in modo radicale, di seguire cioè quel Signore che sembrava desiderare immensamente che io lo amassi. Era lui a interessarsi di me, non io di lui. Mi aveva preso poco alla volta, facendomi capire che in lui avrei sempre trovato il vero senso della mia vita». 

Padre Fabio Ciardi frequentava il Movimento dei Focolari. Non era tanto un’appartenenza, quanto un’adesione allo spirito del Vangelo dell’unita. «Non ricordo, in effetti, come giunsi anche io ad aderire allo spirito evangelico proposto da Chiara Lubich. Allora c’era tra gli amici del Movimento un clima così intenso di vita della Parola e una familiarità costante con gli altri religiosi di altri ordini e congregazioni vicini ai Focolari che ci si trovava coinvolti senza rendersene conto. Per Fabio avvenne la stessa cosa: partecipava ai loro incontri con sempre maggiore regolarità e fu “contagiato" da tale spirito. Certamente, vi fu un momento in cui fece sua la spiritualità in maniera consapevole e personale. Ma padre Fabio non si accorse né del come né del quando».

lunedì 18 novembre 2024

Tu sei tutto per me

Bologna: che bella comunità oblata! E che bella chiesa: un santuario mariano, la Madonna del Soccorso.

Del santuario del 1500, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, è rimasto solo la statua della Madonna, con sotto scritto: ”L’è la nostra, la Madona”. Si può salire fino davanti alla piccola statua e pregare con calma…

Mi ha attratto un grande quadro su un altare laterale, raffigurante santa Margherita Maria Alacoque; una pittura moderna, davvero bella. E ho ripetuto, e fatto ripetere alla gente, una delle preghiere che leggo nei suoi pensieri:



“Mio Dio, mio Unico, mio tutto.
Tu sei tutto per me e 
io sono tutta per te”.



domenica 17 novembre 2024

Un diario che porta in alto


Ancora una volta eccomi a presentare il Diario di Chiara che ho avuto la gioia di pubblicare lo scorso anno. Sono gli Oblati di Bologna che mi accolgono: è la prima volta che visito questa comunità da poco costituita. Ed è un Oblato, Gennaro Cicchese, che conduce l’incontro di presentazione. Un bel  numero di presenti. Si crea un clima di grande ascolto e interesse, di profonda “unità”, come diremmo noi. Alla fine tanti vogliono parlare personalmente: “Avevo proprio bisogno di un tuffo nella spiritualità”, “Ci hai portato in alto”, “Abbiamo respirato aria di cielo”…

Ma non sono io, è il libro di Chiara che parla. Esso nasce dal desiderio di condividere il proprio vissuto. È un’esigenza insita nella sua spiritualità comunitaria dove tutto va condiviso e messo in circolazione. «Mi sembrava – scrive nel 1961 – che ciò che non è utile all’umanità o almeno agli altri non ha valore».

La volontà di condivisione e la destinazione “pubblica” – anche se riservata a un gruppo ben definito come il focolare – potrebbero indurre a pensare che nei diari di Chiara vengano penalizzate l’intimità e la riservatezza proprie del diario spirituale. La comunione e la comunicazione come lei le intende presuppongono invece proprio una personale e profonda esperienza interiore che sola consente l’autenticità del dono di sé agli altri.

Il diario inizia col viaggio in America, il 28 marzo 1964, Sabato Santo. Interminabile il volo aereo da Roma a New York: «Era bello veder il sole sempre splendido, senza tramonto. Ho intuito perché l’eternità si paragoni ad un eterno giorno. Il Canada, che abbiamo attraversato seguendo la rotta, era tutto un gelo. I laghi sembravano, dagli 11.000 m. da cui guardavamo, pozze di latte can­dido. Nel mare le correnti gelate e gli icebergs. Poi sorvoliamo New York, sconfinata… Dapprima costruzioni sempre uguali, così uguali da impressionare. Infine, in fondo, i grattacieli e il porto. All’arrivo, focolarini e focolarine che salutano, distinguibili dagli altri. Sono venuta per loro, perché siano meno soli in questo sterminato paese. […] Di notte è un paese di fate. Inimmaginabile».

In questa prima pagina sono già presenti gli elementi che caratterizzeranno i diari: l’ambiente circostante, sempre colto con ammirazione; il rapporto con le persone e la particolare attenzione per i membri della sua famiglia («Sono venuta per loro, perché siano meno soli in questo sterminato paese»); la lettura profonda di ogni evento («Ho intuito perché l’eternità si paragoni ad un eterno giorno»)… Così lentamente siamo introdotti nel mondo “vero”.

Buona lettura.

sabato 16 novembre 2024

Buon viaggio...

 


Una foto vale più di molte parole.

Com’è stato il mio corso sulla teologia spirituale? Gran parte si è incentrato sul cammino spirituale…

Ma forse questa foto dice di più di molte pagine dei miei appunti…

Buon viaggio, ragazzi!

giovedì 14 novembre 2024

Solidali con tutto il creato

 

La spiritualità è la presa di coscienza del rapporto che ci lega con il creato, di cui siamo parte e con il quale siamo in cammino verso il compimento. Siamo creature, con un’anima che informa un corpo che nasce dalla terra e torna alla terra. È bello riscoprire la solidarietà con il mondo che ci circonda, che ha anch’esso un’anima.

La spiritualità cristiana ci porta a scoprire la presenza di Dio nel creato: tutto è stato creato in Cristo ed egli tutto ricapitola per donarlo al Padre così che Dio sia tutto in tutti. Siamo in cammino verso i “cieli nuova e la terra nuova”.



Un sogno di speranza

 

La spiritualità è la modalità dei rapporti profondi che costruiamo con gli altri e del cammino che siamo chiamati a percorrere insieme per una armoniosa relazione sociale così da giungere alla piena comunione. Quando nei rapporti manca una dimensione spirituale, capace di attingere all’interiorità di ciascuno, alla verità del vivere, c’è l’indifferenza, la rivalità, l’odio, la guerra.

La spiritualità cristiana offre un di più per la modalità dei rapporti: l’amore reciproco, sulla misura di quello di Gesù, dare la vita per l’altro; amore riversato nei cuori dallo Spirito Santo. E fiorisce una comunità nuova, che rispecchia quella dei primi cristiani a Gerusalemme, ed è capace di offrire il proprio contributo nel campo sociale, politico…

È un sogno di speranza.



mercoledì 13 novembre 2024

Spiritualità: qualcosa che ci trascende

La spiritualità è la presa di coscienza della presenza di una realtà più profonda del nostro essere. Forse soltanto un insieme di valori che ci trascendono: la Bellezza, la Verità… O forse un Tu spesso misterioso, senza un nome, ma comunque presente, che ci avvolge e ci coinvolge, che ci invita a un rapporto con lui dinamico e progressivo. Per tanti non ha un nome, un’identità, ma qualcosa o qualcuno che ci trascende deve pur esserci, altrimenti l’orizzonte della vita si appiattisce e sfugge nel nulla.

La spiritualità cristiana è consapevolezza di essere sempre alla presenza di un Dio che è Amore, come Gesù ce l’ha rivelato; un Dio che entra nella nostra vita, nella nostra storia, nella contingenza di ogni giorno, anche nelle nostre inconsistente e a tutto dona senso e valore. Si intrattiene con noi come con amici e con il quale possiamo avere un costante a tu per tu. Un Dio al quale donarsi interamente, come lui si dona interamente a noi.

Le lezioni con questi ragazzi, attenti e interessati, va al di là degli schemi e diventa esperienza.


martedì 12 novembre 2024

Spiritualità a Loppiano

Loppiano mi sta regalando giorni pieni di luce. Spazi immaginifici, incontri ariosi, natura e soprannatura che si fondono. Come le prime volte che venivo con genitori e sorelle negli anni Sessanta, quando tutto era agli inizi.

Sto dando un corso di teologia spirituale, iniziando col dire cos’è la spiritualità. Gioco con le differenti modulazioni di questa parola dai mille significati.

Forse potrebbe essere la presa di coscienza della propria interiorità, del senso della vita; è scelta di vita: per cosa vivere, per chi vivere, come vivere… Quanto vuoto attorno, quanta alienazione, fino a più sapere più chi si è, senza più raccogliere e custodire un segreto nell’anima, senza un mistero dentro. Vengo da Aosta, la regione con il maggior numero di suicidi giovanili: una vita senza senso, che senso ha?

Se poi parliamo di spiritualità cristiana lo “spirito” non si riferisce più soltanto alla mia realtà più intima, ma al soffio dello Spirito che invade il mio spirito e lo trasforma in Cristo, portandomi su orizzonti vertiginosi: figlio di Dio; fino a rendermi pienamente me stesso, nella realizzazione piena del mio essere e della mia missione, santo come lui è Santo.

lunedì 11 novembre 2024

Il Signore della storia

Seduto in trono, con in mano il sole e la luce, con scritto semplicemente “Annus”, circondato dai dodici mesi dell’anno, Cristo appare il Signore della storia. Come si poteva dire meglio che tutto è stato costruito in lui e per lei e che tutto converse a lui? E' il ricordo più bello che mi porto via dell'arte e della fede di Aosta. Il grande mosaico dell’XII secolo nella cattedrale di Aosta, è stato realizzato sopra l’abside, che a sua volta sorge sopra una Domus Ecclesiae, una casa romana dove i cristiani si incontravano prima che venissero costruite le basiliche. Una testimonianza che il cristianesimo è arrivato nella città di Augusto fin dagli inizi, seguendo la strada romana.

Non ho avuto tempo di visitare i grandi monumenti romani, come il criptoportico e l’area sacra del foro di Augusta Praetoria, il teatro... Basta comunque percorrere il decumano, oggi un susseguirsi di negozi con i prodotti tipici della regione, e attraversare la Porta pretoriana, per rendersi conto della maestà dell'antica città.

Mi sono fermato alla città cristiana, soprattutto a sant’Orso, gioiello d’arte e di storia. L’arte e la storia qui vengono custodite gelosamente. Spero anche la fede cristiana di cui quelle sono testimoni.






domenica 10 novembre 2024

Maturino Blanchet: Artefice di pace e di unità


https://www.rainews.it/tgr/vda/video/2024/11/ricordando-monsignor-maturino-blanchet-fde1fd8f-b398-43f1-ac69-8130d68e68c3.html

Su mons. Maturino Blanchet era calato un velo di dimenticanza. Restavano soltanto aneddoti più o meno veri che facevano della sua persona una macchietta soltanto. In questi giorni è apparso in tutto il suo spessore morale.

https://youtu.be/kIh3kMV3cgc?feature=shared

Sabato sera, al termine della celebrazione presieduta dal superiore generale, tutti i presenti hanno deposto un lume davanti alla sua tomba. a differenza degli altri vescovi, ha voluto essere sepolto non in cattedrale, ma sotto la statua dell'Immacolata, nella Chiesa degli Oblati, per ribadire il suo amore alla Madonna e insieme la sua identità oblata.

Oggi, in cattedrale, un'altra celebrazione di rilievo, con il vescovo che ha tacciato il profilo spirituale di Blanchet. Al termine nella piazzetta laterale della cattedrale, la benedizione di una targa che lo ricorda. 


Il vescovo Franco Lovignana ha messo in luce soprattutto due aspetti del suo ministero: il lavoro per l'unità e i richiamo al primato di Dio. 

Quando arrivò ad Aosta, si rese subito conto di come la società e la stessa comunità cristiana vivessero divisioni e contrapposizioni, eredità dell’ultimo periodo di guerra. La sua missione di portare le persone a Gesù prese quindi la forma della riconciliazione e della pacificazione. «Nei nostri rapporti e nei nostri rapporti con le anime – scrive nella prima lettera al clero – siamo eminentemente Sacerdoti. Seminiamo con le mani e con il cuore tutto ciò che può calmare i contrasti... La nostra missione non è strappare ma ricucire; non è ferire ma guarire... Per questo facciamo opera di pace, di unione, di amore».

Quello dell'unità rimane un punto fermo nel suo ministero in tutte le circostanze: le tensioni in Diocesi, che non nasconde, le contrapposizioni politiche ed elettorali, i disordini sociali legati al '68... Davanti a queste situazioni rifugge dalla polemica, e dicendo la verità, punta sempre a unificare. Nell'ultimo suo scritto, del 15 ottobre 1968, indirizzato al clero e ai fedeli insieme, lascia intendere che l'opera di pacificazione e di comunione era stato un obiettivo programmatico del suo episcopato: «Se mi è permesso esprimere un desiderio farò mie le parole di S. Paolo ai cristiani di Filippi: "Abbiate sempre una condotta degna dell'evangelo di Cristo, affinché abbia a udire di voi che siete saldamente uniti nel medesimo spirito... Agite in tutto senza mormorazione e recriminazioni... Avrò così un motivo di fierezza per il giorno di Cristo, che non avrò corso a vuoto né invano faticato"».

Accanto all'unità un altro punto fermo è il richiamo al primato di Dio nella vita delle persone e delle comunità. Da questa convinzione scaturisce l'importanza di coltivare la vita spirituale di pastori e fedeli e di privilegiare gli strumenti della grazia rispetto a quelli delle iniziative umane. È una costante del suo magistero. Il primato di Dio, se vissuto, diventa annuncio a un mondo che si allontana dalla fede cristiana. Così scriveva nella Lettera pastorale dell'11 febbraio 1950: «Una sola cosa conquista le anime: la santità, vale a dire l'intensità della vita soprannaturale in noi. Dinanzi ad essa tutto cambia, tutto si trasforma. La santità fa sì che agli occhi di quelli che guardano a noi, un mistero si rivela, una presenza nascosta si lascia intravedere. Ed è di quello che i non credenti hanno bisogno per trovare o ritrovare la fede. Dio conduce a Dio».

sabato 9 novembre 2024

50 anni fa Maturino Blanchet

Tre giorni per commemorare Mons. Maturino Blanchet: li merita, perché è stato un pastore che ha guidato la diocesi di Aosta in tempi difficili….

Lo storico Alessandro Celi ha disegnato un grande ritrattato del suo episcopato. Nella prima lettera indirizzata ai preti traccia il suo programma di cui si comprende tutto lo spessore se lo si colloca nel periodo dei forti contrasti dell’immediato dopo guerra: «La nostra missione non è strappare ma rammendare; non è ferire ma guarire. La nostra conquista è collocare le anime nel cuore immortale di Gesù Cristo. Per fare questo, lavoriamo per la pace, l’unione e l’amore. Nello stile evangelico, i miti sono i maestri. Teniamoci fuori e al di sopra delle correnti politiche, per potere occasionalmente consigliare, illuminare, instillare nei fedeli i principi della dottrina cristiana».

E l’anno successivo: «Una raccomandazione che vorrei ripetervi: avere più fiducia nei mezzi soprannaturali che nei nostri mezzi. Una messa celebrata con spirito di fede; il breviario recitato con attenzione e devozione nelle vostre chiese deserte; un rosario detto col cuore all'altare della Vergine; un de profundis recitato con devozione nei vostri cimiteri, otterrebbe per la vostra parrocchia più successi soprannaturali, di tutte le vostre capacità e il vostro saper fare».

Poi naturalmente il professor Alessandro Celi ha ripercorso il lavoro pastorale…

Da parte mia ho parlato di lui come Oblato. Ho raccontato la sua storia. Proprio la sera prima dall’Archivio di stato di Torino mi era arrivato finalmente, ormai inaspettato, il Ruolo matricolare del suo servizio militare: ha interamente fatto la prima guerra mondiale, in un ospedale da campo in zona di guerra sul Carso. Credo che quella sia stata una scuola unica di umanità… Poi superiore dello scolasticato di san Giorgio, superiore provinciale… Sempre con un senso di inadeguatezza, nell’umiltà più profonda.

Lontanissimo da quello che oggi si chiama “politicamente corretto”, era schietto, sincero, attaccato alla terra – quella fatta di campi, vigne, bestie, irrigazioni – e attento alle persone. Timido, con un tocco di pessimismo, sinceramente consapevole dei propri limiti, fiducioso nella misericordia di Dio, abbandonato all’Immacolata.

Una volta diventato vescovo è rimasto profondamente attaccato alla Congregazione: visitava le case oblate in tutta Italia per ritiri, ordinazioni… Ogni volta che andava a Roma era ospite della casa generalizia, compreso tutto il periodo del Concilio. All’inizio si sentiva solo, perso, nell’episcopio, senza comunità. Alcuni Oblati si sono poi alternati a vivere con lui…

Leggendo le centinaia di lettere che ha lasciato si vede la profondità di relazione che aveva con tanti, a cominciare dai suoi superiori, in modo particolare con il superiore generale: gli racconta della neve, delle primavere, gli manda una forma di taleggio di 10 kg spiegandogli come si deve conservare…, ma gli racconta anche della morte della mamma e del vuoto che ha lasciato nella sua vita…, lo invita a riposare ad Aosta…

Muore il 9 novembre 1974. Oggi è l’anniversario, 50 anni. Aveva 83 anni di età e 65 anni di oblazione. Stando all’ultima lettera conservata nel nostro archivio di Roma, muore in un grande buio interiore, provando il “deserto”, le lacrime… Se è morto così, è morto come Gesù in croce. E noi gli siamo grati che abbia seguito il suo Signore fino in fondo, nella completa oblazione di sé, Oblato autentico.

venerdì 8 novembre 2024

Sempre su “Il cielo dentro di me”

Un’altra eco al libro “Il cielo dentro di me” con i poveri aneddoti e le semplici parole di apa Pafnunzio:

Apa Pafnunzio rumina parole di vita nel silenzio della cella, nel buio della notte, nel sole di mezzogiorno. E poi incontra i pellegrini, lavora con le mani, chiede aiuto ai suoi fratelli eremiti, canta la domenica con loro. Una vita semplice, senza eroismi, un passo dopo l'altro, consolato dalla Misericordia.

giovedì 7 novembre 2024

Tutti ad Aosta

Com’è bella e varia l’Italia percorsa in treno per otto ore. Dal Lazio Nord sereno e assolato, con i suoi castelli, i ruderi, i paesi collinari… alle nebbie tenui della Padana che sfumano gli orizzonti; dall’urbanissima Milano al Canavese dolce e luminoso; fino alle montagne valdostane che si tingono dei colori del tramonto…





Trovo qua locandina e annunci sui giornali locali:

Il 9 novembre ricorrono i 50 anni della morte di mons. Angelo Maturino Blanchet, nativo di Gressan (Ao), superiore degli Oblati di Maria Immacolata e vescovo di Aosta dal 1946 al 1968. La diocesi di Aosta dedicherà a questa ricorrenza tre giorni ed altrettanti momenti per la conoscenza, l’approfondimento, il ricordo. Venerdì 8 novembre il Théâtre de la Ville ospiterà la doppia conferenza “Maturino Blanchet: il religioso” curata da p. Fabio Ciardi, oblato di Maria Immacolata, e, dopo un intermezzo, “Maturino Blanchet: il vescovo” curata da Alessandro Celi, storico e giornalista. Entrambi i momenti moderati dal direttore dell’Ufficio cultura e comunicazioni sociali della diocesi, Vanna Balducci.

Sabato 9 novembre presso il santuario di Maria Immacolata in Aosta la celebrazione eucaristica presieduta dal superiore generale degli Oblati Luis Ignacio Rois Alonso, alla quale seguirà la preghiera alla tomba di mons. Maturino Blanchet.

Domenica 10 novembre, alle 10.30, in cattedrale ad Aosta, celebrazione eucaristica presieduta da mons. Franco Lovignana, vescovo di Aosta, alla quale seguirà lo scoprimento e la benedizione della lapide commemorativa. Padre conciliare durante le sessioni del Concilio Vaticano II, mons. Angelo Maturino Blanchet muore al priorato di Saint Pierre (Ao) il 9 novembre 1974 a 83 anni e 65 di oblazione.

Tutti invitati!

mercoledì 6 novembre 2024

Poesia d’amore

 

Preparando il mio intervento su Maturino Blanchet, vengo a contatto con tante fonti, come il numero annuale di “San Giorgio”, una rivista scritta dallo Scolasticato oblato di San Giorgio Canavese. Gli articoli del primo numero, in ciclostile ad alcool, 1934, sono scritti a mano. Negli anni successivi giunge la macchina da scrivere… Nella prima pagina del 1937: sorpresa! Una poesia dedicata ai “colleghi”, gli scolastici spagnoli uccisi l’anno precedente durante la guerra civile, dichiarati martiri di Cristo e beati da papa Benedetto il 17 dicembre 2011.

Ai nostri Fratelli Scolastici Spagnoli Martiri di Cristo

Un solo amore n’accogliea, fratelli,
Uniti di Maria nel bel giardino.
Ma fra tutti eravate i fior più belli
Voi, e sublime vi ridea un destino!

Il vostro cuore un sogno accarezzava:
Offrire un dì Gesù sovra l’altare!
Triste sul mondo intanto imperversava
D’odio e rancor rabbiosamente un mare!

In quel giardino allor scese una mano,
Triste, tra i figli, a cogliere dei fiori:
Onde impetrar perdono al mondo insano
Maria chiamava per aver dei cuori!

La giovinezza allora voi Le offriste,
Le offriste i sogni a lungo vagheggiati,
E, sacerdoti eterni, a Dio saliste,
Nel sangue vostro, allora, consacrati!

Salvate, o gloria nostra, voi fratelli,
abbracciati con Cristo ora in eterno!
Che il vostro sangue in noi, deh, rinnovelli
Quei che n’abbraccia a voi amor fraterno!
Martiri Oblati, voi c’or innamora
Maria con le bellezze sue divine,
stringete in questo esilio noi ancora
“UNI PER LUI DI CUORE” senza fine!

martedì 5 novembre 2024

Messaggio in bottiglia

Pubblicare un libro, così come scrivere un posto sul blog, è come lanciare in mare una bottiglia con dentro un messaggio. Qualcuno troverà mai la bottiglia? Ne leggerà il messaggio? Ci sarà mai una risposta?

Intanto la bottiglia con il libro “Il cielo dentro di me” è arrivata in tre mani che mi scrivono e che ringrazio:

- Sto leggendo Apa Pafnunzio. Oltre che solitario mi sembra anche che si senta solo. Comunque un libro interessante anche utile. Grazie

- Avevo già letto qualcosa su apa Pafnunzio, perciò leggere “Il cielo dentro di me” è un po’ come ritrovare un compagno di viaggio. Una lettura non frettolosa (nelle ricette di cucina si direbbe q.b. – quanto basta- la dose giusta) per lasciare che le parole lette entrino e pian piano penetrino sino a diventare parte di ciò che si vive ogni giorno. Ciò che mi colpisce di apa Pafnunzio è il suo essere uomo di comunione: perché profondamente unito a Dio riesce a mettere dentro di sé tutto- il creato, i fratelli- e ciò crea armonia e pace, anche, come tu scrivi, nelle gioie, nelle debolezze, come ogni creatura, ma sempre abbandonandosi all’amore e alla misericordia. Ho un po’ di invidia per questo suo “stare nel deserto” senza essere mai solo.

- Ho finito ora di leggere il suo libro. Ha nutrito ed arricchito la mia meditazione personale e la mia preghiera quotidiana portandomi dentro, in maniera sensibile, a quell’amore che lega Padre e Figlio e che è il principio per noi di vita nuova. Grazie. Le auguro un lavoro fecondo che possa sempre “contagiare” i tanti che con fatica e nonostante le loro povertà si sforzano di camminare dietro al Signore Gesù.

lunedì 4 novembre 2024

Di scatto, da questa vita in Dio!

 

A collezione di preghiere, ecco l’ultima parte della poesia Abbandono, scritta da Anna Maria Rocchi nell’agosto 1939:

“Padre, io desidero, io spero
solo ciò che a Te piace!
Sfinita dall’aspro lottare a Te vengo, Signore;
tutto quello che sono,
tutto ciò che mi hai dato - lo spirito, il corpo, la vita –
in Te, Padre, abbandono.
Così, come al buio si addorme
al materno cullare il bambino,
in serena dolcezza si affonda il mio spirito stanco
nel Tuo amplesso divino.

È una “scoperta” nella preparazione del libretto sui santi a Prato. L’ho conosciuta anch’io quella che tutti chiamavano semplicemente la “Rocchina”. Ma leggere la sua biografia è stata una riscoperta.

Don Carlo Stancari disse una volta ai bambini: “Ho conosciuto una piccola donna, semplice, povera e sempre sorridente. Non diceva mai di no a nessuno. Andava in giro con delle borse grandi e pesanti piene di cose da donare ai bisognosi. E cercava le famiglie e le persone più povere e più disgraziate per aiutarle. Ebbene, quella piccola donna così generosa e così umile tanto che neanche noi pratesi l’avevamo del tutto compresa, si chiamava Anna Maria Rocchi, ed era veramente una santa”.

Povera nell’abito, nel cibo, nel riposo, povera tra i suoi stessi poveri. Una di loro. Nel “cantiere” lungo la ferrovia, con gli zingari, le persone che vivevano sotto i ponti o per strada, nel carcere, nella casa di riposo, nell’ospedale… Instancabile, grande camminatrice, con le sue borsone piene di roba per gli altri, si metteva alla ricerca di chi era bisognoso di pane, o di amore o di fede: emarginato, infelice e nelle situazioni più difficili. Parlava in genere con i più poveri ma voleva dialogo e confronto anche con persone di alto livello e responsabilità, esigendo il rispetto della legge, soprattutto riguardo alla moralità della stampa e degli spettacoli. Scriveva sui giornali, a cominciare da “La Nazione”, per segnalare ingiustizie, per attirare l’attenzione su situazioni difficili… È stata anche picchiata, derubata… come tanti poveri e tante persone di strada. Se la portavano al pronto soccorso diceva: “Sono caduta”.

Eppure veniva da una grande famiglia, era coltissima, insegnava inglese ai ragazzi poveri, componeva poesie, suonava il piano. Suoi brani preferiti erano le Polacche, i Preludi, i Notturni di Fryderyk Chopin, e le Sonate di Ludwig van Beethoven. Aveva conseguito il diploma di Licenza normale e il diploma di Maestra di pianoforte presso il Conservatorio Luigi Cherubini a Firenze e aveva studiato Lingua e Letteratura inglesi presso l’istituto britannico di Firenze.

Suonò e cantò l’Ave Maria perfino la sera del 14 agosto 1995, vigilia della sua morte. “Non voglio passare attraverso il Purgatorio – aveva detto –. Di scatto, da questa vita in Dio!”.