È sera quando devo
parcheggiare in via di Monte Brianzo. Come al solito trovare un posto è come
vincere un terno all’otto. Il solito vecchietto parcheggiatore abusivo mi fa
cenno di entrare in uno spazio libero, ma gli faccio notare che è riservato.
Allora me ne propone un altro: troppo sulla curva che immette sul lungotevere.
Allora davanti alla Mercedes: occuperei parte delle strisce pedonali. “Ho
capito, mi fa il vecchietto, per lei dovremmo costruire il Grand Hotel”. Mi
arrendo a parcheggiare con le ruote davanti sulle strisce pedonali. Quando esco
di macchina noto che si è appena liberato un posto, risalgo, faccio retromarcia
e mi piazzo nel punto giusto. “Grazie per il Grand Hotel”, dico al mio ometto e
gli do un immeritato euro. “Come ti chiami?”, gli domando, mentre scende una
pioggerellina fine fine. “Antonino”. “Ma non sei di Roma”. Tra i denti mi
risponde: “Dicono che sono un terrone”. “Di quale terra?”. “Calabrese”. “Beh,
non sei proprio in fondo in fondo”. Rincuorato da questa considerazione mi confida:
“Sono fortunato. Mi salvo perché non bevo e non mi drogo. Inoltre leggo molto.
La cultura salva la vita!”.
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