venerdì 5 luglio 2024

Camminare insieme nella verità

In cima alla vallata la chiesa di San Vittore, un capolavoro dell’XI secolo con affreschi del XII secolo.

Tutto il pomeriggio lassù in alto, in autentica contemplazione…

La mattina ho ricordato la prassi della correzione lungo la storia, a cominciare dal Nuovo Testamento, con Gesù (Mt 18,15-22), e poi la concretezza di Paolo. Un invito, il suo, a santificarsi insieme. Dobbiamo aver a cuore che nessun fratello si perda. La correzione fraterna è farsi compagno di cammino di chi sbaglia, caricarsi dei suoi pesi, condividere con lui le difficoltà, così da guadagnare il fratello. Se dobbiamo amare il prossimo come noi stessi, dobbiamo volere la santità dell’altro come la nostra: «Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa - scrive ai Galati -, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza… Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo» (6,1-2).

La correzione, secondo queste parole, deve essere mossa e condotta sotto l’azione dello Spirito. Paolo indica inoltre anche l’atteggiamento da tenere nei confronti del fratello che sbaglia: la mitezza, la dolcezza! Fino a chiedere di rivestirsi «di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente... Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione» (Col 3,12-13).

Nella comunità cristiana questa prassi si è perduta, ed è continuata in quella monastica. Nella comunità basiliana la confessione pubblica delle proprie mancanze era praticata quotidianamente, alla fine della giornata. Essa garantiva l’autentica fraternità, come leggiamo nella sua regola: «Sono veramente grandi i pesi del peccato che portano nel profondo dell’inferno, e noi ce lo toglieremo e porteremo a vicenda, cioè li porteremo via, spingendo alla conversione quelli che peccano».

Agostino nella sua regola raccomanda di ammonire subito il fratello che sbaglia, «affinché il male non progredisca ma sia soffocato fin dall’inizio [...]. Non giudicatevi malevoli quando segnalate un caso del genere; al contrario, non sareste affatto più benevoli se tacendo permetteste che i vostri fratelli perissero, mentre potreste salvarli parlando. Se infatti tuo fratello avesse una ferita e volesse nasconderla per paura della cura, non saresti crudele a tacerlo e pietoso a palesarlo? Quanto più dunque devi denunziarlo perché non imputridisca più rovinosamente nel cuore?». Agostino precisa anche con quale spirito va attuata la correzione: «usando amore per le persone e odio per i vizi».

Ritroviamo la pratica della correzione fraterna anche negli scritti di Cassiano, nella Regola di Benedetto e in tutte le successive regole monastiche...

Nella spiritualità dell’unità c’è come un passo in avanti: l’”ora della verità” prevede anche il mettere in luce il positivo dell’altro, fino a scoprire insieme, con sempre maggiore chiarezza, il disegno che Dio su ciascuno. È uno strumento per la crescita personale e di tutta la comunità. Non soltanto ognuno diventa più se stesso, ma si arricchisce del dono dell’altro. Sparisce quindi l’invidia, quel sentimento amaro davanti a doti e qualità dell’altro che vorremmo avere e che non abbiamo, che spesso diventa avversione e rancore, non tollerando che l’altro sia di più bravo di noi, più stimato, riesca meglio di noi...

Non solo l’invidia sparisce, ma sono orgoglioso dell’altro, perché egli è parte di me, è me, e il suo è mio, e con lui e in lui posso essere e fare molto di più che non da solo.

L’altro ci trasforma, ci dà una colorazione nuova, fa scoprire noi a noi stessi e insieme ci arricchisce.

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