domenica 31 agosto 2025

Da san Benedetto al Sacro Speco

Il lavoro intenso della Scuola Abbà non ci ha impedito di visitare il Sacro Speco, la grotta dove Benedetto ha iniziato la sua esperienza di solitudine poi condivisa con i primi compagni.

Una vita tutta centrata su Cristo, quella di Benedetto. Come non ricordare le parole con cui si chiude la sua famosa Regola? I monaci (ma sono parole rivolte ad ognuno di noi), «nulla assolutamente antepongano al Cristo» (RB 72, 11). Costantemente in ascolto della sua Parola invitava i membri del suo monastero a fare altrettanto: «Ascoltiamo la voce di Dio che ogni giorno si rivolge a noi…» (RB Prologo 9). «Che cosa vi può essere di più dolce per noi, fratelli carissimi, di questa voce del Signore che ci chiama?» (RB Prologo 19). «Il Signore aspetta che noi ogni giorno rispondiamo con i fatti ai suoi santi ammonimenti» (RB Prologo 35). Si comprende perché Benedetto ha avvolto il monastero con il silenzio: come altrimenti riuscire a cogliere la voce di Dio? e perché ha trasformato tutta la vita in una scuola alla ricerca di Dio, così da imparare ad amarlo e a servirlo; e perché la sua vita è diventata preghiera, lode, canto di ringraziamento.

Una vita, quella di Benedetto, rivolta al bene della Chiesa e della società travagliata del suo tempo. In un periodo in cui l’Europa è invasa dai nuovi popoli del Nord e dell’Est, in costante mobilità e irrequietezza, i suoi monasteri diventano progressivamente punti fermi e sicuri, potenti luoghi catalizzatori, attorno ai quali si avvia la costruzione di una nuova civiltà. Essi salvano il patrimonio dell’antica cultura greco-romana che il cristianesimo aveva saputo assimilare, custodire e trasformare e si aprono alle nuove correnti di pensiero portate dagli slavi, dai celti, dai sassoni, offrendo l’esperienza cristiana come comune base di dialogo e di confronto. Nell’equilibrio dell’ora et labora viene infatti riportato l’uomo alla sua più autentica e profonda dimensione terreno-divina, aprendo la strada per un nuovo umanesimo. La pax benedictina, nata nella profondità dello spirito, ha la capacità di riversarsi dal monastero sull’intera società trasformandosi in pax sociale.

Al Sacro Speco tutto si fa eloquente e ti sembra di toccare l'esperienza di Benedetto. Anche san Francesco è stato qui per condividere l'esperienza benedettina. All'inizio della scala che porta all'interno del santuario c'è il più antico affresco di san Francesco, eseguito forse da uno dei monaci che lo vide arrivare. È stato eseguito quando il santo era ancora vivo: attorno alla testa è accennato il nembo quadrato , come si faceva con le persone importanti ancora vive, e non ha ancora le stimmate arrivate l'anno seguente alla sua visita a Subiaco e che quindi il pittore non aveva ancora visto.

I Benedettini, fin dai primi tempi di Assisi, avevano riconosciuto il carisma di Francesco e, tutt’altro che sospettosi o invidiosi, avessero fatto di tutto per proteggerlo e favorirlo. 

In segno di questa antica intesa, il nostro fra Alessandro e il benedettino che ci ha accompagnato, si sono abbracciati davanti all'affresco presente al Sacro Speco di Innocenzo III che ha approvato la prima regola francescana: la comunione tra carismi continua!



 

sabato 30 agosto 2025

L'oro vivo dei benedettini di Subiaco

 

Qualche mese dopo la mia visita a Subiaco, esattamente il 17 luglio 1970, anche Chiara Lubich venne al monastero di Santa Chiara. Ed ecco la sua esperienza:

“Sono stata a Subiaco per confessarmi. Non ho potuto visitare l’abbazia. Non c’era tempo. Appena entrata, sono rimasta profondamente toccata dalla carità del portiere: un fraticello anziano e zoppo che ha voluto accompagnarmi alla chiesa. In confessione però ho fatto un’esperienza unica: sono rimasta toccata sin dalle prime parole di quel santo monaco. È difficile spiegare quello che è successo, ed è anche subito detto: ho incontrato Dio. Dall’anima di quel sacerdote sembrava sgorgasse uno zampillo che aveva le sue origini sedici secoli fa in Benedetto e risaliva al costato di Cristo Salvatore. Non sarei più uscita dalla chiesa, presa da una commozione profonda.

Ho invidiato quella vita austera che ha apertamente e decisamente rotto col mondo. Adesso comprendo perché le abbazie sopravvivono coi secoli e sono eternamente moderne: ci vivono uomini che già abitano in cielo. E ti comunicano quell’atmosfera soavemente, sì da penetrarti tutta. Ho visto la nostra vita cristiana difficilissima al confronto: sempre a contatto col mondo privo di Dio, sempre nell’occasione del compromesso, perché timorosi, a volte, dell’odio che deve venire. Solo una vita interiore fortemente impegnata, tutta protesa nella volontà di Dio del momento presente, può farci sperare d’esser anche noi portatori di Dio e non di parole. Vale più un monaco che una comunità di mille persone buone non in perfetta unità, non in pieno fuoco d’amore per Dio e per gli uomini. San Benedetto può esser contento.

Ora che ho trovato l’oro vivo nei benedettini di Subiaco, se Dio vorrà, andrò un giorno a visitarvi le mura del monastero, testimoni di tanta santità”.

In questi giorni noi, a differenza di Chiara, abbiamo potuto visitare l’abazia, uno scrigno di storia e di arte, un susseguirsi di epoche e di stili, dall’età carolingia e neoclassico. Ancora una volta, a rendere vive le pietre è il monaco che ci accompagna, una guida entusiasta della sua vocazione, che ci rende attuale il carisma benedettino. Non è certamente il “santo monaco” che confessò Chiara, ma anche di lui “San Benedetto può esser contento”.



venerdì 29 agosto 2025

La Scuola Abbà nella biblioteca di Subiaco

Subiaco! Eccomi da ieri con la Scuola Abbà al Monastero di santa Scolastica. Quante volte sono stato in questo luogo carismatico… La prima fu il 31 ottobre 1969, durante il noviziato. Nel diario di allora leggo: “È stata una grande giornata quella di oggi. Ci siamo recati nel monastero di Subiaco per una giornata di ritiro. Nella mattinata abbiamo tenuto un incontro al Sacro Speco e, manifestando ognuno la propria anima, abbiamo sentito veramente la presenza di Dio in mezzo a noi (…). Siamo andati poi a pranzare insieme con i monaci a Santa Scolastica, e c’era con noi un gruppo di Nomadelfia. Era con questi Don Zeno, il fondatore, e con lui ci siamo intrattenuti per circa due ore. È stato magnifico questo incontro e non si può certamente descrivere con due parole. Ci siamo incontrati con un’anima che sente profondamente la Chiesa”.

Questo il diario “ufficiale” del nostro noviziato. Non è invece scritto come sono andate veramente le cose. Avevano iniziato il noviziato da un mese appena e il maestro a quell’incontro mattutino al Sacro Speco cominciò a piangere. “Non so più cosa fare con voi, non so più come prendervi…”. Chissà quante ne avevamo combinate in quel mese da ridurre il maestro dei novizi in quello stato. Certo è che eravamo molto diversi tra di noi… Chi si sarebbe mai immaginato che il severo e austero p. Marino potesse piangere! Fu un colpo per ognuno di noi. Uno dopo l’altro cominciammo a chiedere perdono… e iniziò davvero un tempo nuovo, forse iniziò lì il nostro noviziato.

Sono passati quasi sessant’anni! “E ci siamo ancora…”, come direbbe il buon Mokone.

Questa mattina abbiamo visitato la biblioteca dell’abazia: mille anni di cultura, che qui si fa bellezza. E poi si continua a dire che il Medioevo… Manoscritti, miniature, i primi libri a stampa… Qui è nata la prima tipografia a caratteri mobili d’Italia. Una biblioteca resa viva dal bibliotecario, Dom Maurizio, un giovane erudito amabile, che rende amabili le antichità mostrandole attuali. La Scuola Abbà vi respira la sua aria, tra corali, libri sacri e libri profani, che aprono sul cielo e spalancano sul mondo. Siamo davanti a un carisma che per secoli ha informato la società con le arti, la scienza, la cultura, la cura degli uomini, la preghiera. È per noi un appello...



giovedì 28 agosto 2025

La vita continua...

Mentre a Marino concludo la mia missione di "guardiano del faro", a Vallada la comunità e i giovani stanno concludendo il loro incontro formativo...

Li accompagniamo nell'ultimo tratto: che sia un cammino che li porti dritti a Gesù.





mercoledì 27 agosto 2025

Il Papa di sant'Agostino

 

Festa di Sant’Agostino. Almeno quest’anno va vissuta in sintonia con papa Leone XIV che fin dal suo primo apparire sulla loggia delle benedizioni non cessa di offrire il pensiero di sant’Agostino. Lo nomina nell’omelia per l’inizio del ministero petrino, il 18 maggio 2025, quando esordisce con la più celebre delle sue frasi, l’incipit delle Confessioni: «Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: “Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te” (Le Confessioni, 1, 1.1)». Parole che riecheggiano quelle altrettanto famose: «Noli foras ire, in te ipsum redi: in interiore homine habitat veritas» («Non uscire fuori di te, rientra in te stesso: nell’uomo interiore abita la verità»). Interiorità e verità, che si proiettano fuori, nella reciprocità dei rapporti, con tutta la loro valenza sociale, senza ombra di ripiegamenti su sé stessi.

Entrare in Dio e trovare Dio in sé spalanca sul mondo di Dio, come chiarisce sempre Leone XIV nella stessa omelia: «In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità». Chiede di «diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace».

Dai Movimenti e dalle Associazioni attende che siano «presenti dentro la pasta della storia come lievito di unità, di comunione, di fraternità. La fraternità ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata» (30 maggio 2025). Il 6 giugno richiede loro di «essere lievito di unità. (…) È la comunione che lo Spirito Santo crea nella Chiesa. È un’unità che ha il suo fondamento in Cristo: Lui ci attrae, ci attrae a sé e così ci unisce anche fra noi». Sì perché «nessuno è cristiano da solo!». Ed ecco nuovamente Agostino: i primi cristiani «erano diventati certamente tempio di Dio, e non lo erano diventati solo come singoli ma tutt’insieme erano diventati tempio di Dio». È un’unità che possiede la coesione che le viene dalla presenza del Risorto: «Si vive con gli altri, in un gruppo, in una comunità, perché Cristo risorto si rende presente fra i discepoli riuniti nel suo nome». Siamo così al motto episcopale del Papa: “In Illo uno unum”, siamo uno in Colui che è Uno.

Sant’Agostino, dopo 16 secoli continua a ispirare, come ha fatto lungo tutta la storia della Chiesa, a cominciare da san Benedetto, su su fino a Leone XIV.

martedì 26 agosto 2025

C’è sempre un arcobaleno



Anche la giornata di oggi ha avuto il suo arcobaleno. 

lunedì 25 agosto 2025

Qui la pace dell'aurora...


 

“Qui la pace dell’aurora dura tutto il giorno”

Così al noviziato di Marino






domenica 24 agosto 2025

Ancora sul “Magnifico giardino”

Il libro comincia a essere letto:

Caro Fabio, ho letto il tuo libro (e di Elena Del Nero). Ti dono fraternamente quello che ha fatto in me.

1. Ha riempito gli interstizi storici che avevo dalle letture di varie biografie (Foresi, Novo, Carlo De Ferrari, ecc.)

2. Ha dato consistenza a figure che ho sentito nominare spesso nella storia del Movimento, ma non avevo conosciuto (Beda, Massimei, Tommasi, Veuthey, Roschini, Mondrone, Pavel Hnilica) mentre Lombardi e Rotondi li ho conosciuti al Mondo Migliore (ma facevo la quinta elementare).

3. Ho gustato l'intreccio di vita tra Chiara e i fondatori, tra Chiara e i santi, la cura personale di Chiara con tanti dei nostri.

4. Le tue meditazioni on line a Roverè mi son sembrate più belle, anche se le pescavi dal capitolo quinto. Forse perché eravamo un drappello che ascoltava. Forse perché hai detto cose di te che non ci sono nel libro.

Comunque si tratta sempre di studi, che vanno ad alimentare una vita già bellissima.

Grazie per il tuo lavoro, il tuo tempo dedicato a questo.

sabato 23 agosto 2025

Lui non solo c'è: opera!

Chi non è affascinato dalla chiusura del Vangelo di Matteo? Riporta le ultime parole di Gesù nel momento in cui manda i suoi nel mondo: “Io sarò con voi sempre…”. Di che temere? Avere un compagno di viaggio come Gesù…

In questo periodo sono affascinato dalla chiusura del Vangelo di Marco, che avevo meno presente. Anche in questo Vangelo Gesù invia i suoi nel mondo, ma il racconto continua, facendo vedere che effettivamente “essi partirono e predicarono dappertutto”. Non dice però come Matteo che Gesù rimane con loro, dice qualcosa di più: “il Signore operava insieme con loro…”. Una presenza attiva, operativa: lavora con noi!

venerdì 22 agosto 2025

Ascoltate oggi la sua voce

Eccomi a Marino, guardiano del faro, mentre la comunità con i giovani sono partiti per Vallada per il campo vocazionale. Ieri sono stato con alcuni di loro, altri oggi si sono aggregati lungo il viaggio. Che ne sarà di loro? I tempi non sono dei più favorevoli.

Riguardo al mio blog sul “magnifico giardino” mi hanno scritto: “È vero che la Chiesa è un magnifico giardino, perché c'è Gesù Vivo, ci sono i Santi. Però dobbiamo pregare perché molti la stanno abbandonando. Ieri a messa eravamo solo in 5. I bambini da quando è finito il catechismo non si sono più visti in Chiesa. Molte persone entrano, accendono una candela e vanno via non fanno neanche una genuflessione a Gesù…”.

Ieri sera, al termine dell’adorazione eucaristica, ho augurato ai giovani di mettersi in ascolto di Gesù, perché egli continua a chiamare, tutti, ognuno per la propria strada. Lui parla, il guaio è che noi non ascoltiamo la sua voce perché è sovrastata da altre voci più potenti, che gridano continuamente da tutti i social: Tik Tok, Facebook, Whatsapp, tutti i video possibili immaginabili… e che altri ne so io…

Ogni giorno la Chiesa, all’inizio della preghiera delle ore, continua a ripetere: “Ascoltate oggi la sua voce…”.   

Lui parla, continua a chiamare… “Ascoltate oggi la sua voce…”.

giovedì 21 agosto 2025

Vacances au Paradis 2025


Per quattro anni consecutivi sono stato in Francia, sul massiccio della Grande Certosa, per la settimana d’incontro con famiglie giovani e bambini: “Vacances au Paradis”. Quest’anno non sono andato (anche se mi è costato un po' sia per i rapporti costruiti con tanti, sia per la bellezza di quello stare insieme) perché mi sembrava che l’esperienza fosse ormai matura per procedere da sola: un bel traguardo! Adesso, al termine del soggiorno, mi scrivono:

In tutti questi giorni abbiamo sperimentato la vita del Vangelo che ci fa uno con Dio e uno tra di noi. Grazie perché la tua pedagogia degli scorsi anni ci ha aiutato ad entrare tutti assieme nel Paradiso. Come gli altri anni c’era a meditazione serale “per aiutare i genitori a preparare i loro cuori”, come ha espresso una mamma… Poi la storia raccontata al mattino ai bambini, che ci aiutava tutti, anche noi grandi, a capire meglio il Vangelo, con nuovi occhi.

Dio ci ha benedetto con un tempo radioso che ha permesso belle gite, gioco nell’acqua del ruscello, giochi all’aperto… La serata dei talenti ha mostrato quanta fiducia reciproca e amore tra tutti…

Una giovane copia venuta l’anno scorso per la primissima volta, ci ha aiutato questo anno nella preparazione. Nelle impressioni comunicate l’ultimo giorno diceva che hanno vissuto tutto l’anno della vita di quei giorni… invitandoci a vegliare a custodire quanto abbiamo vissuto e imparato questo anno fino all’anno prossimo… Mi faceva pensare a Maria che custodiva ogni Parola nel suo cuore, per trasformarla in vita.

mercoledì 20 agosto 2025

La Chiesa? È “un magnifico giardino”

In questi giorni ho partecipato con alcuni interventi quotidiani all’incontro tra religiosi che si è tenuto, come ogni anno, a Roveré, sui monti veronesi. In pratica ho cercato di donare alcune tematiche del libro scritto insieme a Elena Del Nero.

Ieri Mario Roncalli, sulle pagine dell’Avvenire, ha pubblicato una profonda recensione dal titolo La Chiesa? È “un magnifico giardino”. Parola di Chiara Lubich:

«La Chiesa è un magnifico giardino in cui fiorirono tutte le Parole di Dio, fiori Gesù, Parola di Dio, in tutte le più svariate manifestazioni...».

Con questa frase, Chiara Lubich, nel 1950 esprimeva l'intuizione del «dispiegarsi di Gesù, Verbo incarnato, nella storia della Chiesa costellata di Parole qua e là risplendenti»: ovvero dei carismi «doni dello Spirito, offerti, attraverso un fondatore e una famiglia religiosa, a beneficio di tutto il corpo ecclesiale». Così osservano Fabio Ciardi, oblato di Maria Immacolata, già professore di teologia della vita consacrata al "Claretianum, ed Elena Del Nero che lavora al "Centro Chiara Lubich, introducendo il loro nuovo saggio che nel titolo riprende la metafora citata della fondatrice dei Focolari: «Un magnifico giardino». Chiara Lubich e i religiosi 1943-1960 1960 (Città Nuova, Nuova, 2025. pagine 240, euro 23).
I due autori ricostruiscono e interpretano qui vicende e relazioni tra Focolari e gli ordini religiosi, i rapporti della Lubich con alcuni membri di queste famiglie, il significato della loro presenza nell'Opera di Maria, disegnando un capitolo originale nella storia e nella teologia dei carismi nella Chiesa. A Del Nero si deve la ricostruzione storica, arricchita da documenti inediti custoditi negli archivi del Movimento a Rocca di Papa e dei Religiosi di Albano Laziale, che ripercorre in queste pagine poco meno di un ventennio: dall'anno più cruciale per l'Italia nella seconda guerra mondiale sino alle soglie del Vaticano II. In ogni caso un periodo dove il lettore si imbatte nei resoconti di protagonisti colpiti da un modo di testimoniare il Vangelo, dal quale non solo attingono nuova linfa per il loro cammino, ma anche l'entusiasmo per diffonderlo. Qualcosa che si ripete nella galleria dei profili presentati: dal francescano conventuale Raffaele Massimei (al quale la Lubich nel '47 scrisse «la sento, forse, il più vicino di tutti i sacerdoti») al cappuccino Bonaventura da Malé; dallo stimmatino Giovanni Battista Tomasi al conventuale Angelo Nazareno Beghetto; dal missionario del Pime, Angelo Lazzarotto, al pallottino Giuseppe Savastano al francescano Andrea Balbo (p. Novo) poi confessore di Chiara. Senza dimenticare altri che, specie nei momenti più difficili del Movimento dei Focolari - quando fu nel mirino dell'ex Sant'Uffizio, ma pure della giovanissima Conferenza episcopale italiana - offrirono sostegno a Chiara e a chile stava accanto, spinti nelle motivazioni dall'adesione all'ideale dell'unità.
A Ciardi si deve invece, per così dire, la sintesi teologica: fondata su una esegesi sapienziale del rapporto fra Chiara e i religiosi, fra carisma dell'unità e carismi dei vari ordini. Tutto questo alla luce del ruolo che i carismi più antichi hanno avuto accanto a un carisma inedito, in quadro dove si avverte l'importanza di approcci nel segno di una fraterna reciprocità. Una riflessione, la sua, che, superando il perimetro dello stesso tema al centro della monografia, spazia lungo l'orizzonte del Magistero sui passi tracciati dalla dottrina sulla vita consacrata. Lasciando affiorare quell'interazione dei carismi, quella mutua inabitazione fra i carismi e la loro funzione dentro la Chiesa istituzione, che - ricorda Santiago González Silva aprendo il volume - «affronta un argomento chiave nella Chiesa sinodale» e, aggiungiamo noi, non dovrebbe passare sotto silenzio avvicinandoci al Giubileo della vita consacrata.

martedì 19 agosto 2025

La fonte ispiratrice

I miei quasi 50 anni di insegnamento universitario mi hanno portato a dialogare con numerose Famiglie carismatiche sui rispettivi fondatori e carismi: una ricerca con percorsi sempre nuovi per vivere appieno la propria vocazione nella Chiesa.

Prima ancora che sulle strutture e sull’organizzazione, cerco innanzitutto di orientare l’attenzione sul metodo. Spesso nei gruppi di studio e nelle assemblea si creano polarizzazioni e tensioni tra chi è preoccupato di mantenere le “sane tradizioni”, legate al fondatore e alle origini carismatiche, e chi avverte la necessità di aprirsi al nuovo, nell’attenzione ai cambi culturali e alle urgenze: due prospettive indispensabile, chiamate a dialogare tra loro e integrarsi l’una con l’altra. Il Movimento dei Focolari mi ha insegnato molto riguardo al metodo del dialogo: la stima sincera dell’altro, l’ascolto profondo e senza filtri del suo pensiero fino a capirne le motivazioni e la logica, il dono franco e distaccato delle proprie convinzioni. Prima ancora, un accordo iniziale: vedersi come persone e non come portatori di un’idea, riconoscersi figli di uno stesso Padre, promettersi “amore reciproco” perché il Signore sia sempre presente tra noi e continui a illuminare le menti e a infiammare i cuori. Un accordo che va rinnovato di tempo in tempo, soprattutto quando le divergenze minacciano di incrinare i rapporti.

Dal metodo alle tematiche. Due in particolari, premessa necessaria per ogni ulteriore approfondimento: la messa a fuoco del fondatore e dell’identità della Famiglia carismatica.

Uno dei miei grandi superiori generali, p. Marcello Zago, mi ha insegnato a guardare al fondatore, il mio in particolare, sant’Eugenio de Mazenod, attraverso cinque prospettive: 1. Un santo da imitare, 2. Un fondatore da seguire, 3. Un maestro da ascoltare, 4. Un padre da amare, 5. Un intercessore da invocare. Il Movimento dei Focolari sembra aver preso un certo distanziamento dalla fondatrice per poterla comprendere con sguardo più distaccato e oggettivo: un passo necessario per riscoprirla nella mediazione materna del grande carisma a lei donato dallo Spirito. Il 15 dicembre 1950, con la consapevolezza comune ad ogni fondatore, scriveva: «Ho visto che in me stanno tutte le grazie per le anime che vorranno o dovranno consumarsi in uno. Non c'è altro passaggio. In me, dunque, è la grazia dell'Unità…». Va quindi posta al suo posto e riconosciuta per quella che è nel progetto di Dio. Come sant’Angela Merici anch’ella potrebbe ripetere: «Sono vostra madre da viva e da morta», e con san Paolo: «Anche se aveste mille maestri, non avete però molti padri; io vi ho generato, divenite miei imitatori» (cf. 1Cor 4,15; 11,1).

L’altro tema preliminare è quello della presa di coscienza della propria identità. Le domande di sempre sono quelle più feconde: Perché nella Chiesa Dio ha suscitato questo carisma? Quale la sua finalità? Come si caratterizza? Quale le modalità tipiche, lo “stile” proprio nel viverlo?

Soffermarsi su queste tematiche preliminari può sembrare perdita di tempo, eppure non si va molto lontano senza chiarezza sulla fonte ispiratrice, su chi si è e sul perché della propria esistenza.

lunedì 18 agosto 2025

Crescono i fiori nel tuo giardino Signore

Come ogni anno a Roveré, sulle montagne veronesi, si sta tenendo in questi giorni l’incontro dei religiosi. Non potendo essere presente, ogni mattina offro il mio contributo via zoom. I miei temi prendono spunto dal libro “Un magnifico giardino. Chiara Lubich e i religiosi (1943-1960)”. È un libro pieno di risorse!

Questa mattina, prima che cominciassi a parlare, mi hanno cantato un canto ispirato al libro e composto da Paolo Baldisserotto:

Crescono i fiori nel tuo giardino Signore
Crescono i fiori ed io sto crescendo tra loro.

Sentire le tua parola per farne la mia vita
E acqua che sto cercando avidamente.

Sentire la tua presenza per farne i miei pensieri
è terra che rende salde le mie radici.

Sentire il tuo calore per farne la mia gioia
è linfa che scorre allegra nelle mie vene.

Crescono i fiori nel tuo giardino Signore
Crescono i fiori ed io sto crescendo tra loro.

domenica 17 agosto 2025

Lacrime e stelle


Sono alle ultime battute nella preparazione del prossimo libro che apparirà a breve.

Per il momento basta la copertina, che è già eloquente di per sé. 

sabato 16 agosto 2025

Di nome faceva Arturo

Remo Rapino, Di nome faceva Arturo, Città Nuova 2025.

Che romanzo! Il primo capitolo mi ha lasciato un po’ sconcertato e avrei voluto chiudere il libro. Il suo andare per campi in maniera un po’ sconclusionata non mi attirava, poi invece, come dirò presto, mi apparirà come un valore aggiunto, di gran pregio. Chi me l’aveva dato ha insistito perché proseguissi. Ne è valsa la pena! Mi si è aperto un insospettato mondo immaginifico.

Le persone che vi compaiono entrano dentro lentamente, una dopo l’altra, con calma, senza accalcarsi. Senza che te ne accorga diventano persone familiari, amiche, te le senti camminare accanto e tu cammini con loro. Arturo Sabatini, Orefice Lunardo, Florinda Roselli, Alvaro Scatorza, Bartolo Fumante, Angiolino Valfiorito, financo il cane Canè. Anche quelli che rimangono in secondo piano, come Cecilia Manes, don Antonio Morelli…

Un racconto semplice e nello stesso tempo imprevedibile: un manovale che trova un libro per caso e arriva a costruire una biblioteca. A tratti la narrazione diventa confusionaria perché va dietro a mille distrazioni e si lascia andare a ricordi, impressioni, suggestioni, sentimenti, sguardi, silenzi... È il bello della vita normale di ogni giorno, che va avanti così. Grazie anche a queste continue deviazioni sul tema, la scrittura si fa particolarmente ricca, suggestiva, fantasiosa, straordinariamente bella.

Il cuore del romanzo – così sembra a me, naturalmente – non è dato tanto dalla centralità dei libri, quanto dal racconto delle storie scritte nei libri. Arturo Sabatini s’appassiona dei libri, li cerca, li raccoglie, li restaura, li classifica… Ma la sua passione vera sta nel raccontarli alle persone del quartiere degradato nel quale vive, ai ragazzi, ai vecchi, gli operai, agli analfabeti, così da farli sognare. Sembra che i libri esistano per essere raccontati più che per essere letti. 

È quello che ho sempre pensato anch’io. Invidio Arturo Sabatini: piacerebbe anche a me poter scrivere l’annuncio che apparve a Casal del Campo: “Sabato, domenica e giorni festivi dopo il tramonto nel cortile di Fabio Ciardi venite tutti ad ascoltare storie mirabili e meravigliose insieme a un tocco di pane, un vinello alla buona. Ingresso gratuito (ma se portate qualcosa è meglio)”.

venerdì 15 agosto 2025

Supplica per la pace a Maria Assunta




Oggi pomeriggio ostensione alla città del Sacro Cingolo di Maria. Il vescovo, assieme al Commissario prefettizio della città, al presidente della Provincia, è salito sul pulpito esterno del duomo scolpito da Donatello e ha mostrato la reliquia. Tutto attorno la tradizionale coreografia di chiarine, tamburi, costumi medievali… È davvero una cintura che lega tutta la città.

Il Sacro Cingolo è proprietà della città e del capitolo della cattedrale. È custodito nell’altare della cappella e per averne l’accesso occorrono le tre chiavi, due del comune una del vescovo. Al termine dell’astensione vengono restituite le chiavi e letto l’atto notarile, un rituale di antica tradizione.

L’ostensione avviene cinque volte all’anno, mio padre non se ne perdeva mai nessuna.





In mattinata ho celebrato la messa in cattedrale e al termine ho letto la Supplica per la pace a Maria Assunta, scritta l’anno scorso dal card. Pizzaballa e purtroppo ancora attualissima:

Gloriosa Madre di Dio,
innalzata al di sopra dei cori degli angeli, prega per noi con san Michele arcangelo e con tutte le potenze angeliche dei cieli e con tutti i santi, presso il tuo santissimo
diletto Figlio, Signore e maestro.
Ottieni per la Terra Santa, per tutti i suoi figli e per l'umanità intera il dono della riconciliazione e della pace.
Che si compia la tua profezia:
i superbi siano dispersi nei pensieri del loro cuore;

i potenti siano rovesciati dai troni, e finalmente innalzati gli umili;

siano ricolmati di beni gli affamati, i pacifici siano riconosciuti come figli di Dio e i miti possano ricevere in dono la terra.
Ce lo conceda Gesù Cristo, tuo Figlio, che oggi ti ha esaltata al di sopra dei cori degli angeli, ti ha incoronata con il diadema del regno, e ti ha posta sul trono dell'eterno splendore A lui sia onore e gloria per i secoli eterni. Amen.




giovedì 14 agosto 2025

Semplicemente "Santa Maria"

A Prato non è la festa dell’Assunta, è semplicemente la festa di “Santa Maria”. Nella cappella del Sacro Cingolo è raffigurata mentre viene portata in cielo dagli angeli, nel momento in cui consegna la sua cintura a Tommaso; cintura (la metà soltanto) che è ben custodita dalla nostra città.

Gesù durante l’ultima cena aveva assicurato che, una volta salito al cielo, ci avrebbe preparato un posto. Detto fatto. Il primo posto lo occupa il buon ladrone. Ma la prima, e per adesso l’unica, a occupare quel posto in anima e corpo, con tutta l’interezza della sua persona, è Maria. Immaginiamo che posto! Come il cielo azzurro abbraccia sole e luna e stelle, così Maria abbraccia tutta la Trinità. Dio ha fatto un paradiso per noi, ma se n’è fatto uno anche per sé: Maria!

Con la sua assunzione al cielo Maria indica a tutti la meta ultima del nostro pellegrinaggio e invita a guardare in alto. È la primizia dell’intera creazione. In lei è come se già fossimo tutti lassù.

 

mercoledì 13 agosto 2025

Un saluto a Cutigliano

 


Cutigliano, grazie per questi giorni di riposo

martedì 12 agosto 2025

Talenti in comunione

 


Grande serata culturale a Curtigliano, organizzata da Rosaria. Ognuno ha condiviso poesie, prose, pensieri… 

Ognuno scopre che ha sempre qualcosa da condividere, per un arricchimento reciproco…

lunedì 11 agosto 2025

Quale bellezza?

 


Giulietta ogni giorno, con semplicità e profondità, mi manda un commento al mio blog. A quello di ieri, nel quale con Dostoevskij chiedevo quale bellezza salverà il mondo, così risponde: 

“Il bello è Cristo, non c'è nessuno più bello di Lui, ed è Lui che ha salvato il mondo e continua a salvarlo, basta credere in Lui ed AMARLO”.

domenica 10 agosto 2025

Quale bellezza salverà il mondo?

 


Ho ricevuto un messaggio Whatsapp: «Il mio professore di Teologia Fondamentale ha citato la frase di Dostoevskij "La bellezza salverà il mondo" asserendo che i giovani oggi non sono sensibili a questo e che occorre trovare altri approcci per avvicinarli alla fede, alla spiritualità, a ideali grandi. Tu cosa pensi? Qual è la tua esperienza con i giovani? Avresti qualche suggerimento da darmi?».

Innanzitutto ne L’idiota la frase del principe Miškin “La bellezza salverà il mondo” viene riferita come ipotetica, mentre subito dopo viene formulata la domanda fondamentale: “Quale bellezza salverà il mondo?”. Dostoevskij non afferma che la bellezza salverà il mondo, ma si domanda quale bellezza salverà il mondo. Ed è a questa domanda che occorre rispondere, senza prendere per scontata l’affermazione che “La bellezza salverà il mondo”.

Qui sull’appennino toscano sono immerso nella bellezza, ma è questa la bellezza che salverà il mondo? Come a Roma sono immerso nella bellezza dell’arte, ma è quella la bellezza che salverà il mondo?

Dostoevskij presenta come modello di bellezza il principe Miškin, l’idiota (!), nel quale vede rispecchiato Gesù, bellezza assoluta, incompresa, vilipesa, che sulla croce si fa bruttezza estrema… Quale bellezza salverà il mondo? Per Dostoevskij è indubbiamente Gesù.

Allora la bellezza dell’arte, della natura, quella a cui si fa riferimento quanto si ripete che la bellezza salverà il mondo? Sì, ogni forma di bellezza è riflesso della bellezza di Dio - Dio è bellezza - che rifulge sul volto di Cristo, perché tutto è stato creato in lui e per lui. Lasciarsi modellare dalla bellezza è lasciarsi modellare da Dio. Ma occorre formarsi alla bellezza. Il bello parla di per sé, ma spesso siamo sordi e ciechi. Dovremmo tutti mettersi a scuola della bellezza: a leggere il bello occorre formarsi. Speriamo di avere la fortuna di trovare qualcuno che ci sappia iniziare alla bellezza, perché la bellezza rende belli!

La mia esperienza con i giovani? È quella di quando li porto in giro per Roma e faccio parlare bellezza e santità, due realtà che si specchiano a vicenda. Occorre saper interrogare la bellezza e permetterle di parlare. Penso che occorra narrare la bellezza.

sabato 9 agosto 2025

L’oratorio di Sant’Anna

L’oratorio di Sant’Anna. Sant’Anna qua sulle montagne è stimatissima. Che bell’oratorio le hanno dedicato. Per arrivarci che bella camminata su un sentiero strettissimo e scosceso, tra boschi di querce, carpini, faggi, pini, abeti, ma anche corsi d’acqua, scorci di cime… Com’è bella natura di questi Appennini.

E infine Sant’Anna, mamma sempre dolce e premurosa. Chissà se si prende cura anche di noi?