Sono stato a Cassino per il funerale di
Enzo Teodori, 53 anni, uno dei nostri amici più vicini, membro del laicato oblato. Sposato
con Anna Rita, lascia due ragazzi, Alessandro e Francesca, di 19 e 15 anni. Siamo stati insieme quando ero superiore dello scolasticato a Vermicino. Ha
dedicato alcuni anni di volontariato in Africa.
Ha raccontato in video la sua commovente esperienza:
http://www.diocesisora.it/pdigitale/chi-amati-a-rispondere-enzo-teodori/
La
mia vita comincia a 18 anni, quando scopro la realtà di Dio Amore. È stata una
scoperta così forte e sforante che ho deciso di riorientare tutte le mie
scelte, disponibile a tutto quanto avrebbe voluto da me.
Dopo
lungo discernimento, quando o capito che avrei dovuto sposarmi, dopo appena due
settimane ho incontrarlo Annarita. Ci siamo sposati con la consapevolezza che anche
il matrimonio è una vocazione, un modo speciale di vivere il rapporto speciale
con Gesù. In questi 18 anni ho sperimentato che la radice del rapporto con mia
moglie e i miei figli c’è un rapporto personale con Gesù che si alimenta con la
parola, la preghiera, la carità reciproca, i sacramenti.
Un’esperienza
molto particolare mi è capitata proprio l’anno scorso quando ha appreso di
avere un cancro ad uno stadio piuttosto avanzato.
Il
primo sentimento, nell’apprendere questa notizia, è stata di angoscia soprattutto
per il rischio di lasciare mia moglie, i miei figli, senza un marito, senza un papà.
Mi sono subito immerso in una preghiera essenziale, semplice, fondata sulla
richiesta di aiuto e di affidamento e ho avuto come modello la preghiera di
Gesù nell’orto del Getsemani. È nata in me grazie a questa preghiera una pace e
una serenità che mi ha permesso di affrontare con fiducia le cure e la lunga convalescenza.
Fortunatamente adesso tutto si è risolto.
Posso
dire che l’aver vissuto, grazie alla preghiera, questa malattia con pace e serenità
mi ha permesso di infondere questi sentimenti anche alle persone più care che
mi erano vicino. Quindi è stata anche una esperienza missionaria. Il mio
rapporto con Dio ha avuto un forte salto di qualità. Posso dire che la
mentalità nuova, la conversione in fondo sono un processo di semplificazione la
cui meta è di tornare come i bambini che hanno un atteggiamento di fiducia
verso il loro Padre celeste. E posso dire che anche la malattia è una strada
privilegiato per chi si sente chiamato a scoprire l’amore di Dio.
Ho appena pubblicato sull’ultimo numero della rivista "Oblatio" un suo articolo sulla sua esperienza come laico oblato. Non ho fatto in tempo a
farglielo arrivare… Ne riporto una breve parte. Dopo aver parlato della sua vocazione
battesimale, laicale e matrimoniale, narra della vocazione di Oblato di Maria
Immacolata:
La mia
terza specificazione della vocazione universale è la vocazione di Oblato di
Maria Immacolata.
Cosa
aggiunge il carisma di Sant’Eugenio de Mazenod alla mia vocazione universale,
laicale e matrimoniale? La figliolanza e la fratellanza mi conducono alla
“carità, carità, carità e allo zelo per le anime”. Il battesimo comporta
un’intima unione con il Salvatore Crocifisso. Questa unione mi porta ad
annunciare la buona notizia ai più abbandonati, ai fratelli più svantaggiati.
Il battesimo mi rende membro della comunità sacramentale. Come cristiano ho
Maria come modello. La vocazione laicale mi rende partecipe attivo della
comunità civile. La vocazione matrimoniale mi conduce ad edificare la famiglia,
la comunità di Dio più intima.
Cosa
aggiunge, dunque, il carisma oblato? (…) La novità della vocazione carismatica,
in generale, è “il mettersi insieme” per esaltare uno degli elementi
costitutivi della vocazione universale. I contemplativi si mettono insieme per
esaltare la preghiera, gli istituti missionari per divulgare la buona notizia,
ecc. Sant’Eugenio asseconda la spinta interiore, la chiamata, a cercare dei
compagni. Lo stare insieme genera una storia. La storia delle aggregazioni
ecclesiali non è il semplice succedersi di avvenimenti. È la narrazione della
cooperazione di uomini e donne con lo Spirito Santo. (…)
Ogni
famiglia ha la stessa vocazione, ma ogni famiglia è diversa dalla altre, perché
i genitori sono diversi. La storia della Famiglia Oblata ha i suoi elementi
costitutivi comuni ad altre famiglie missionarie, (l’evangelizzazione,
l’opzione per i più abbandonati, la fedeltà alla Chiesa, lo spirito di
famiglia, la radice nel Crocifisso, Maria come modello), ma allo stesso tempo è
unica nel panorama della Chiesa, perché unici sono i suoi appartenenti. Unici
sono Eugenio, Tempier, Jetté, Zago, Lougen, i martiri del Laos e i martiri
spagnoli, e uniche le loro storie di cooperazione con lo Spirito Santo e unica
la storia oblata nella Chiesa.
Vale
la pena di sottolineare che una storia carismatica dipende
dall’interconnessione tra personalità degli attori, vocazioni e azione dello
Spirito Santo. (…) La storia demazenodiana è collettiva, dal momento che
sant’Eugenio ha dato vita ad una fondazione. Cosa avevano in comune il
passionale Eugenio e il misurato Tempier? Cosa hanno oggi in comune l’Oblato
congolese e l’Oblato olandese? E l’Oblato religioso e l’Oblato laico? Allora,
come oggi, hanno in comune la storia comune di cooperazione con lo Spirito
Santo per l’evangelizzazione dei più abbandonati, dei poveri dai molteplici
volti. Il mettersi insieme, in risposta ad una chiamata dello Spirito, di uomini
e donne, religiosi e laici, europei e africani, ricchi e poveri, passionali e
flemmatici, genera una storia unica. Alle volte si parla di stile di vita da Oblati.
(…)
Il
mio senso di appartenenza, il sentire la Famiglia Oblata “mia”, non cambia nel
constatare che gli elementi costitutivi del carisma appartengono anche ad altre
famiglie missionarie come, ad esempio, i Redentoristi. La famiglia “Teodori” è
la mia famiglia perché ci sono io, mia moglie Anna Rita, i miei figli,
Alessandro e Francesca. Ci riconosciamo dalle altre famiglie per le nostre
persone e per la storia che abbiamo vissuto e viviamo insieme. A me non cambia
nulla sapere che il mio vicino ha una moglie e due figli come me e che la sua
famiglia si basa sugli stessi elementi della mia.
Cosa
apporta concretamente, dunque, il carisma? Occorre guardare alle concrete
relazioni tra le sue varie componenti. (…)
Io
sono felice e grato di appartenere alla famiglia demazenodiana e di far parte
della sua storia unica. Il
bicentenario è stata una grande occasione per rivedere l’album di famiglia. I
primi passi di Eugenio sacerdote, la prima comunità, la prima regola, le prime
missioni, l’apertura delle missioni ad gentes, e poi lo sviluppo della
Congregazione, l’allargarsi della Famiglia ai laici, la fondazione di diversi
istituti, tutto ciò è un ritrovare le radici della propria storia. È rivedere,
riscoprire e rinnovare il nostro essere figli e fratelli da “Oblati demazenodiani”,
da Oblati di Maria Immacolata.